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Piccole confessioni dal Decreto Semplificazioni 2021 per rifiuti urbani, servizi pubblici e tariffa

A. Pierobon (La Gazzetta degli Enti Locali 9/6/2021)

Anche il recentissimo decreto legge 31 maggio 2021, n. 77 recante Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure” assommato (per come si può...) alla normativa sui rifiuti di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 (c.d. “codice dell’ambiente” o “CA”) nelle successive integrazioni di cui al d.lgs. 3 settembre 2020, n. 116 danno - più che - l’impressione di un disegno che prende a pretesto la c.d. “economia circolare”, in realtà mirante a una industrializzazione del ciclo dei rifiuti tramite aggregazioni, fusioni, raggruppamenti di imprese in grandi dimensioni.

Proviamo a dimostrare tanto con un esempio concreto, una volta tanto alla “rovescia”, cioè prendendo ad esempio ed analisi un caso di eccellenza di un Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di dimensione provinciale che soddisfa il principio di autosufficienza gestionale e che già ha raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata (art. 205 del CA) e di riutilizzo e riciclaggio (art. 181 e 205-bis del CA).
Come sappiamo (anche da precedenti interventi in questa rivista) la disciplina sui rifiuti, assieme a quella tariffaria e dei servizi pubblici dall’ inizio del 2021 ha subìto una svolta, almeno sulla carta - invero malamente accompagnata(1) -  dal recepimento delle direttive c.d. pacchetto economia circolare, per l’avvento del nuovo metodo tariffario ARERA, per altre novità tutte italiane che riguardano soprattutto la nuova definizione di rifiuto urbano (RU) e quindi la riperimetrazione del servizio pubblico locale (SPL) come pure del regime di privativa, con effetti sull’assoggettabilità alla tariffa rifiuti (sia essa Tari che puntuale Tp) ed altro ancora.
Vediamo ora gli aspetti pratici imposti dalla recentissima disciplina, soprattutto sugli effetti che si produrranno. Il realistico e carnale case study è il seguente: una ATO dispone da anni della propria rete di impianti e servizi tali da aver raggiunto gli obiettivi della raccolta differenziata (RD) e di poter trattare tutti i rifiuti ivi prodotti dalla collettività e dalle utenze, applicando altresì una tariffa puntuale (Tp).
Quindi di cosa stiamo parlando direbbe qualcuno, la normativa forse non riguarda le situazioni che al contrario sono “indietro” se non inadempienti rispetto agli obiettivi dianzi ricordati?  
Concentriamoci sui macro-effetti della nuova disciplina rifiuti, sostanzialmente da essa consegue:

  1. un maggior flusso quantitativo di RU derivante (non solo) dalle nuove definizioni normative e dalla abrogazione dell’assimilazione quali-quantitativa decisa dalle amministrazioni comunali o loro soggetti delegati;
  2. questo maggior flusso di RU dovrà essere gestito dal SPL sia come servizio che dalla impiantistica intermedia come finale;
  3. l’impatto organizzativo, tecnico, economico, possiamo dire....“industriale” (?!) di questo “diverso” flusso di RU, cioè del diverso dimensionamento del SPL dovrà essere rivisto;
  4. la rivisitazione del SPL passa dalla ricalibrazione della pianificazione (non solo come afferma il Mite del contratto di servizio) “a cascata” da quella regionale o delle provincie autonome a quella d’ambito, rimaneggiando piano economico-finanziario (se non, appunto, industriale) del SPL e quindi riprendendo in mano anche la determinazione (e l’articolazione!) della Tari o Tp;
  5. una ulteriore variabile è costituita dalle utenze non domestiche (UND) che possono conferire i propri RU fuori dal SPL, appetiti (come si dirà) dagli operatori di mercato e nel calcolo di convenienza (se poi tale è: poichè dipende dalla serietà del sistema tariffario) della riduzione della parte variabile della Tari o Tp;
  6. difatti, il nuovo flusso dei RU viene inciso dalla eventuale migrazione dei RU delle UND a cui si è cercato di arginare con l’atipico meccanismo, già pesantemente criticato dall’AGCM, dell’art. 238, comma 10 del CA;
  7. nella ri-determinazione tariffaria (Tari o Tp), imposta non solo dagli effetti sopra indicati, ma anche dalla variabilità delle diverse alchimie della Tp, si dovranno valutare altri elementi squisitamente di natura tributaria (fiscalità locale) e quindi di giustizia.

Andando ai numeri. Questo ATO produce rifiuti totali (RT) per 256 di cui il 60% viene prodotto dalle UND, quindi circa 142. I rifiuti differenziati da RD sono 170 ed i rifiuti indifferenziati (RI) sono 86. I flussi dei RD trovano collocazione nel mercato privato e/o istituzionale del recupero/riciclaggio (operatori privati, Conai e consorzi di filiera, consorzi autonomi, etc.). Il flusso dei RI è conferito al proprio termovalorizzatore, impianto di recupero energetico (operazione “R1” dell’all. “C” alla parte quarta del CA) che ha una capacità autorizzata per 130. Infatti, oltre ai 86 RI si trattano nel termovalorizzatore rifiuti ingombranti per 7, nonchè altri flussi di RU provenienti da altri ATO per 12 e, infine, rifiuti speciali (RS) conferiti con convenzione dagli operatori privati (codice 191212), per 25.

Tutto bene quindi?
Non sembra, perché le UND appetite (se non illuse) dagli operatori privati vorrebbero conferire i propri RU a questi ultimi per avviarli al recupero e quindi uscire dal SPL con le conseguenze già accennate. Per cui, sia consentito estremizzare per stressare la casistica e mostrarne la paradossalità: siccome il rifiuto differenziato è 170 nel quale concorrono il 60% delle UND, abbiamo 102 di RU differenziati che potrebbero uscire dal SPL e ottenere la prevista riduzione tariffaria. Si tratta di un flusso spesso gestito dai privati nelle operazioni “iniziali” R12 o R13, successivamente esce un codice 191212 conferito teoricamente in impianti di recupero, nel principio della libertà di circolazione e commerciabilità per cui spesso viene inviato anche all’estero (recenti cronache giudiziarie mostrano il fenomeno). Lo stesso può dirsi, ma in modi diversi, per i RI delle UND che potrebbe essere gestito sempre dai privati (o chi per essi) sotto l’etichetta delle operazioni R12 o R13. Anche perché come più volte da noi sottolineato le operazioni di recupero e di smaltimento non sempre sono antagoniste, potendosi ibridare (anche nel rizomatismo gestionale). Rieccoci alle problematiche dei rifiuti codici CER 191212(2).  
Richiamiamo i concetti di “smaltimento” (art.183, comma 1, lett.”z”); di “recupero” (art. 183, comma 1, lett. “t”); di “riciclaggio” (art. 183, comma 1, lett. “u”); di “riutilizzo” (art.183, comma 1, lett. “r”); della  “Preparazione per il riutilizzo” (art.183, comma 1, lett. “q”); di rifiuto urbano (art. 183, comma 1, lett. b-ter e lett. b-quinquies, oltre al comma 2 dell’art. 184 e al comma 3 del medesimo articolo); di “Preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti” (art. 181, comma 4, lett. “c”, “d”, “e”) negli obiettivi tempificati dall’art.181 (notare il dopo il 2020 ed entro il 2025, fino al 2035)(3) che non guardano più al genus del recupero; di “Regole per il calcolo degli obiettivi” (art.205-bis) nel solo riferimento al “riciclo” (ancora: non al recupero); delle “Competenze dei comuni” (art.198 comma 2-bis), della “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (art. 238, comma 10), delle “misure per incrementare la raccolta differenziata” (art. 205 al comma 6-bis e 6-quater) e dei “Principi di autosufficienza e prossimità” (art.182-bis). Queste disposizioni relazionate tra di loro cosa mostrano e cosa comportano nel caso in esame e, soprattutto cosa ci insegnano?
Che nell’ATO virtuoso la parte RI delle UND che viene meno al SPL perturberà l’intero sistema pianificatorio e gestionale. L’impianto pubblico di recupero energetico dovrà infatti trovare altri rifiuti da trattare, forse... attingendo al mercato privato dei rifiuti 191212? Certo siamo in una situazione che ci fa meditare il concetto di servizio pubblico, perché qui cosa rimane di pubblico? Quale è la mission se ora l’Egato dovrà saturare il proprio impianto ricorrendo al mercato, ossia con logiche imprenditoriali? Ma non è finita. Il flusso dei RU gestito dagli operatori privati e tracciato come avviato a recupero (persino per i RI) nello output dei RS 191212  è labirintico, intermediato, arrivando ai famosi rifiuti codice 191212. Un codice poroso non solo attraversato ma aperto ai mercati anche esteri. Nel rischio-paradosso che questi flussi, nelle loro nuove forme, potrebbero “tornare” agli impianti pubblici deficitari di RU da UND.

Questo per una realtà di eccellenza, ma per quelle che hanno il problema inverso? Non disponendo di impianti satisfattivi della produzione di rifiuti? È ormai chiara la tendenza a incentivare la realizzazione dell’autosufficienza-prossimità impiantistica tramite gli impianti complessi, variamente denominati o meticciati nelle tecnologie di recupero energetico (R1).
Questo perché (riandando alle definizioni-concetti della disciplina rifiuti posti tra loro in relazione) i flussi dei RI, cioè dei rifiuti non differenziati possono così calcolarsi come recuperati, evitando lo scoglio della conferibilità del limite del 10% dei RU in discarica al 2035.
Basta infatti intervenire (ma non tanto alla fin fine) sui due obiettivi della RD e della Preparazione per il Riutilizzo, Recupero, Riciclaggio (nei vari step), anche i privati cooperano nel meccanismo (sempre più trascurato) del rifiuto codice 191212 ad adulterare questi scenari e consentire queste apparenze.
Il ciclo dei RU si chiude cosi? I piccoli operatori graviteranno – nelle modalità autorizzative semplificate - nel margine del mercato, nell’asfittico (per quanto notato) mercato del riutilizzo e riciclaggio che verrà lasciato come un tempo avveniva con le grandi realtà manifatturiere che terziarizzavano nei laboratori gran parte della loro produzione, spremendo produttività e contenendo i costi.  Quel che rimane è marginalità che può venire gestita può agevolmente, se non addirittura avviata alle spedizioni transfrontaliere. E, non si sottovaluti, che ora il CSS-combustibile (vedi l’art.183, comma 1, lett. “cc”) in questo sistema troverà sbocchi senza più creare difficoltà alle iniziative perorate da molti imprenditori (o sedicenti tali), in proposito anche l’art.35 (misure di semplificazione per la promozione dell’economia circolare) del decreto legge n. 77/2021 ai commi 2 e 3 interviene sulla sostituzione dei combustibili tradizionali con CSS-combustibile correlati agli impianti di cui alle operazioni R1. Un caso?

Da sfondo saranno i grandi soggetti (per effetto anche di aggregazioni, fusioni, acquisizioni, raggruppamenti) a gestire l’impiantistica di cui trattasi, nella certezza di una migliore/maggiore reddittività consentita da una tariffa autoritativa, pur se “privatizzata” (una altra truffa terminologica se non peggio), potenziata dalla nuova normativa rifiuti, quindi dai nuovi RU che flirtano con i RS (vedasi, tra altri, il 191212), con operazioni di recupero che fanno l’occhiolino a quelle di smaltimento (ad es. il conferimento all’estero di rifiuti pretesamente da recuperare e, in realtà... abbancati in discarica, se non abbandonati illegalmente), con ricavi assicurati senza merito dalle entrate tariffarie grazie all’estensione per legge del perimetro della privativa e  quindi del  SPL nei suoi vari effetti.   Intanto i comuni vengono vieppiù depotenziati se non privati delle loro fondamentali scelte (tariffa, rifiuti assimilati, servizio pubblico), con la scusa di un servizio industriale, soprattutto nella sua imposta “verticalizzazione” operata come si è notato, anche col pretesto di una materia tecnicizzata che deve essere lasciata ad organismi non politici, bensì tecnici, nell’abdicazione delle scelte valoriali (di giustizia?).

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NOTE

(1) Nelle strategie, senza considerare peculiarità territoriali, sociali, economici, non prevedendo periodi transitori e sperimentazioni nelle zone fragili o difficili del paese (ad es. nel Sud Italia), intestardendosi in interpretazioni più formalistiche e nell’ottica di una strategia che consentirà, come avvenuto nel sistema idrico, solo ai grandi gruppi di insediarsi e occupare questi servizi. Da ultimo sia consentito rinviare al nostro La ragionevole discutibilità della circolare Mite: rifiuti, privativa, servizi pubblici, tariffa, Ufficio Tecnico,6, 2021 e articoli ivi citati.

(2) Un approfondimento in A.Pierobon, Il rifiuto EER 191212: dall’origine ai destini. Il caso delle spedizioni transfrontaliere, in Azienditalia, 5, 2021; Id, Apriamo le «scatole nere» del rifiuto EER 191212, www.osservatorioagromafie ed articoli ivi citati.

(3) Obiettivi distinti riguardanti gli imballaggi si trovano negli artt. 220 (obiettivi di recupero e di riciclaggio) e nell’art.222 (Raccolta differenziata e obblighi della pubblica amministrazione).